Collocata sulla pista dello Jegcentrum, il palazzo del ghiaccio dello storico club sportivo del Vasas, il Budapest Trophy, sesta tappa dell’ISU Challenger Series, ha confermato la passione ungherese per il pattinaggio, che durante l’inverno trova il suo culmine, allorchè il piccolo lago situato all’interno dello splendido parco Varosliget viene ghiacciato, diventando la pista artificiale all’aperto più antica e più grande d’Europa.
La competizione magiara si è dimostrata di buon livello tecnico ed ha offerto molti spunti d’interesse in vista dell’ormai imminente Grand Prix: in tal senso anche l’Italia ha trovato nella capitale ungherese ottimi motivi per gioire, in relazione alla prova dei suoi rappresentanti, primo fra tutti Nikolaj Memola, il pattinatore milanese allievo della mamma Olga Romanova, a sua volta, un tempo, allieva del leggendario Aleksey Mishin.
Reduce da un inizio di stagione piuttosto faticoso, in ragione dell’ottavo posto nell’Autumn Classic e del sesto del Nepela Trophy, Nikolaj ha rassicurato tutti i suoi tifosi con una prova davvero notevole, nell’ambito della quale è andato a migliorare tutti i suoi primati personali, risalenti alla sua magica stagione 2023, durante la quale ha vinto la finale del Grand Prix Junior in quel di Torino, oltre che aggiudicarsi il bronzo alle Universiadi e centrare il quarto posto ai Mondiali Junior. La crescita del nostro atleta è direttamente proporzionale alla stabilizzazione del suo quadruplo lutz, perfettamente riuscito nello short e soltanto leggermente incompleto nel libero. Nikolaj, vero e proprio gigante del pattinaggio dall’alto del suo 1.95 di altezza, ha dominato il corto, resistendo poi nel libero al tentativo di rimonta di due ottimi pattinatori, ovvero lo svizzero Lukas Britschgi, bronzo agli Europei di Espoo, e lo statunitense, di chiare origini giapponesi, Tomoki Hiwatashi, campione del mondo junior a Zagabria 2019.
Il nostro Kolja, dopo un corto pattinato sulle note di Rachmaninov, il grande compositore russo, di cui quest’anno si è celebrato il 150° anniversario della nascita, nel libero è rimasto su un registro classico, proponendo le note del “Sansone e Dalilah” di Camille Saint-Saëns , eseguendo oltre al citato quadruplo, altri otto tripli, di cui due tripli axel, uno in particolare in sequenza con euler e triplo salchow.
La gara femminile ha incece confermato il ritorno al vertice della statunitense Bradie Tennell, reduce dal successo al recentissimo Shanghai Trophy. La venticinquenne originaria dell’Illinois, sembra aver superato il serio infortunio a un piede patito nel 2021, apparendo molto competitiva, soprattutto considerando un quadro internazionale che, senza le russe, appare molto aperto, con varie atlete in grado di aspirare al podio. A Budapest, nonostante i suoi tripli lutz siano risultati penalizzati perché incompleti nella loro rotazione, ha tenuto a bada la rediviva francese Lea Serna, campionessa nazionale nelle ultime tre stagioni, ma mai veramente competitiva nelle grandi manifestazioni internazionali. Allieva del grande Brian Joubert, campione mondiale a Tokyo nel 2007 e tre volte campione europeo, è riuscita a rimontare dal quarto posto dello short, relegando la statunitense di origini coreane Clare Seo, diciassettenne allieva di Tammy Gambill a Colorado Springs, al terzo posto finale.
Nella danza vi è stata la conferma per i neogeorgiani Diana Davis/Gleb Moskvin, già vincitori ad inizio stagione del Lake Placid International: i due moscoviti hanno creato le basi del loro successo nella loro short dance, pattinata su brani di Michael Jackson, respingendo le velleità dei rivali nella loro danza libera sul tema de “Il Lago dei Cigni”. Tecnicamente eccellenti e veloci sul ghiaccio, i coniugi Smolkin (si sono sposati giovanissimi nel 2022, ndr) sembrano destinati a lottare per il podio in sede europea, anche perché, giova non dimenticare, che a Tallinn nel 2022 furono già ottimi settimi. Sul ghiaccio di Budapest hanno distanziato un’altra coppia di coniugi, i Le Gac, ovvero il francese Romain e la canadese-quebecchese Marie-Jade Lauriault, pattinatori che dal 2022 rappresentano il Canada, dopo aver gareggiato per anni con i colori francesi: sempre un po’ anticonformisti nelle loro scelte musicali, quest’anno hanno optato nel libero per la colonna sonora del film “La Sposa Cadavere”, curata da Denny Elfman.
In gara vi erano anche i giovanissimi, al primo anno fra i seniores, Giorgia Galimberti/Matteo Mandelli, coppia comasca seguita da Lorenza Alessandrini e Fabrizio Pedrazzini: alla ricerca di esperienza internazionale e della miglior forma, i due hanno gareggiato con coraggio, non riuscendo tuttavia ad evitare l’ultima posizione.
Fuori dal Challenger si è svolta anche una gara riservata alle coppie, che si è rivelata un vero e proprio festival della scuola russa di Sochi, dove il vicecampione olimpico del 2014, Fyodor Klimov, insieme a Dmitryi Savin allena oltre a coppie russe anche coppie “miste”, in cui pattinatori russi sono affiancati da partner di altre nazioni europee, delle quali poi hanno scelto di battere bandiera. È così che a vincere sono stati i promettenti tedeschi Hase/Volodin, già vincenti al Nebelhorn, davanti alla coppia rappresentante l’Ungheria Pavlova/Svyatchenko. Da segnalare il quarto posto della ventottenne russa Yuliya Shchetinina, vera “globetrotter” del pattinaggio, oggi sotto i colori polacchi insieme al partner Michal Wozniak, ma in un recente passato, dapprima svizzera insieme ad Akulov, poi ungherese insiema a Magyar, per ritrovarsi di nuovo svizzera con Scherer!
Tutti i risultati nella sezione COMPETIZIONI, sottosezione GHIACCIO
Nella foto Nikolaj Memola (ITA)

Nella foto Minerva Hase/Nikita Volodin (GER)

Nella foto Bradie Tennell (USA)
