La gara femminile dei Mondiali di Montreal è stata ancora una volta la più modesta dal punto di vista tecnico: a tale proposito non inganni il punteggio totale ottenuto dalla vincitrice, poiché frutto di valutazioni alquanto generose nei components, a compensare uno score tecnico (TES, ndr) buono ma non certo ottimo. In questo quadro di “aurea mediocritas”, ovvero di dorata mediocrità, ha trovato una sua specifica dimensione Kaori Sakamoto, la ventiquattrenne giapponese giunta quest’anno al suo terzo titolo consecutivo.
La Sakamoto sta traendo sempre più vantaggio dall’assenza delle russe, cosi come in sede olimpica avena approfittato del totale sconvolgimento psicologico della Valiyeva per quadagnarsi un insperato posto sul podio. È vero che quest’anno nel libero ha finalmente proposto la combinazione di due tripli, flip-toeloop, ma è anche vero che la pattinatrice di Kobe non possiede la classe delle connazionali che in passato l’hanno preceduta sul primo gradino di un podio iridato: Kaori purtroppo non ha la qualità tecnica dell’indimenticabile Midori Ito, che a Parigi nel 1989 vinceva con triplo axel, combinazione triplo toeloop-triplo toeloop e altri cinque tripli, o della grande Miki Ando, due volte campionessa nel 2007 e nel 2011, prima a realizzare in gara il quadruplo salchow; non possiede neppure la qualità di pattinaggio di Yuka Sato, iridata nel 1994, o la forte personalità dell’olimpionica di Torino 2006 Shizuka Arakawa, campionessa del mondo nel 2004 a Dortmund. Non possiede certamente la grazia e la capacità interpretativa della grande Mao Asada, campionessa mondiale nel 2008 e nel 2014, ma alla fine ha vinto più titoli di tutte queste incredibili pattinatrici: l’impressione è che con il ritorno delle russe, per sopravvivere ai vertici dovrà alzare di molto il suo bagaglio tecnico, poiché diversamente il podio le sarà vietato.
Quarta nel corto a causa soprattutto di un arrivo impreciso su un triplo lutz dal dubbio filo d’entrata, nel libero pur confermando i suoi problemi nell’esecuzione di questo salto, ha compiuto la sua rimonta complice l’ennesimo crollo di Loena Hendrickx, vincitrice dello short program. La vittoria della pattinatrice belga in sede di campionato europeo in quel di Kaunas sembrava aver posto fine alle insicurezze psicologiche che da sempre attanagliano l’atleta nei momenti decisivi delle sue competizioni, ma in realtà a Montreal si sono ripresentate in termini di un libero molto negativo, l’ottavo di giornata, ricco di imprecisioni, a partire dalla caduta sul triplo flip della prevista combinazione. Generosi components le hanno comunque garantito il quarto posto finale, lontano da quel podio su cui era salita negli ultimi due anni.
A guadagnare la medaglia d’argento è stata dunque la statunitense Isabeau Levito, allieva dei coniugi russi Yuliya e Vladislav Kuznetsov nei pressi di New York. La diciassettenne americana di mamma italiana, per la precisione di Milano, era balzata agli onori delle cronache con la vittoria ai Mondiali juniores del 2022, per poi incorrere in alcune prove non sempre consistenti a livello tecnico in varie competizioni. Pur con salti spesso al limite in termini di rotazione e con un triplo lutz dal filo sempre poco pulito, la Levito ha fatto tesoro degli errori della rivale belga, guadagnando la medaglia d’argento, ai danni della coetanea coreana Chaeyeon Kim.
La Kim, reduce dalla medaglia d’argento dei Four Continents di Shanghai, anche in quel di Montreal ha dato prova del suo valore: Chaeyeon è per dati anagrafici una delle tantissime bambine coreane cresciute nell’adorazione della grande Yuna Kim, olimpionica a Vancouver nel 2010 e medaglia d’argento a Sochi 2014. Lei come Haein Lee, argento mondiale lo scorso anno, nonché campionessa dei Four Continents sempre nella passata stagione, appare come una seria candidata al podio olimpico, nel caso le atlete russe continuassero ad essere escluse.
In chiave azzurra si è ben disimpegnata Sarina Joos, classificatasi all’esordio in una una manifestazione così importante al ventesimo posto. È pur vero che il sesto posto degli Europei, nonché il settimo dei Mondiali juniores, uniti alla vittoria nel Golden Spin di Zagabria, prestigiosa prova di Challenger Series, avevano lasciato sperare in un piazzamento migliore, ma in entrambi i programmi la neoazzurra ha patito un severo giudizio da parte degli specialisti tecnici, intervenuti in diverse occasioni a penalizzare la mancata completezza di rotazione di alcuni suoi salti. La ventenne italosvizzera può comunque essere orgogliosa della sua stagione, in cui è riuscita a far proprio anche il titolo nazionale.
Nella foto Kaori Sakamoto (JPN)

Nella foto Isabeau Levito (USA)

Nella foto Chaeyeon Kim (KOR)

Nella foto Sarina Joos (ITA)
