La gara femminile dei Giochi Asiatici Invernali non ha mancato di riservare grandi sorprese, se è vero che l’attesa campionessa del mondo Kaori Sakamoto ha patito una cocente sconfitta da parte della sudcoreana Chaeyeon Kim, diciottenne pattinatrice di Seoul che si sta ritagliando grosse soddisfazioni in questo periodo della storia del pattinaggio privo ingiustamente delle grandi campionesse russe. Bronzo ai Mondiali di Montreal e argento ai Four Continents di Shanghai lo scorso anno, la Kim ha aggiunto al suo palmares una splendida medaglia d’oro agli Asian Winter Games, entrando di diritto in un albo d’oro che può vantare al suo interno nomi particolarmente illustri.
Nell’edizione che nel 1996 si svolse ad Harbin, si impose per esempio la leggendaria pattinatrice cinese Lu Chen, campionessa del mondo ’95 e bronzo alle Olimpiadi di Lillehammer ’94. D’altra parte ai Giochi Asiatici, per la precisione nel ’99, vinse anche Tatyana Malinina, pattinatrice russa battente bandiera uzbeka, madre dell’attuale campione del mondo Ilya Malinin, che nello stesso anno vinse anche i Four Continents e la Finale del Grand Prix. Nel 2003 si impose anche quella Shizuka Arakawa che tre anni dopo avrebbe vinto l’edizione torinese dei Giochi Olimpici.
Nella competizione andata in scena ad Harbin, Chaeyeon Kim, dopo essere stata seconda nel corto, è stata impeccabile nel suo libero, dove ha sì eseguito due tripli lutz e due tripli flip, ma non ha comunque proposto né il triplo axel, né un salto quadruplo, elementi che a livello femminile fanno la differenza. La Kim ha tratto comunque vantaggio dagli errori della Sakamoto, che nel libero è caduta sul triplo flip e si è mostrata imprecisa anche nell’esecuzione del triplo lutz, e ha finito così per conquistare la meritata vittoria.
La Sakamoto ha dunque confermato la propria qualità tecnica soprattutto nello short program, anche se ancora una volta da parte sua non vi è stata alcuna novità in termini di salti, visto che anche in questa occasione ha continuato a far leva sul medesimo bagaglio tecnico proposto alle ultime Olimpiadi. Inoltre, nel subire la sconfitta ha confermato di non possedere il carisma delle grandi campionesse del passato, nonostante un indubbio suo tentativo di rendere più accattivanti i propri programmi di gara.
La medaglia di bronzo è invece andata senza grossi patemi all’altra giapponese in lizza, Hana Yoshida, la quale nel suo libero ha portato in gara il triplo axel, eseguito peraltro con l’arrivo sul quarto La diciannovenne nipponica ha tenuto a debita distanza la russa divenuta kazaka Sofiya Samodelkina, ex-bambina prodigio capace di quadrupli e tripli axel, che è rientrata quest’anno alle competizioni dopo un brutto infortunio.
La gara delle coppie è risultata particolarmente triste per i cinesi, visto che in una gara dove in passato hanno trionfato per quattro volte consecutive i mitici Xue Shen/Hongbo Zhao, campioni olimpici a Vancouver 2010, e gli altrettanto famosi Qing Pang/Jian Tong, due volte campioni del mondo, nonché cinque volte campioni dei Four Continents, non hanno raccolto che un deludente quinto posto. Per una scuola di così grande tradizione quella di Harbin è stata certamente una disfatta, cui si spera possano presto ovviare i giovani Jiaxuan Zhang/Yihang Huang, recenti vincitori della finale del Grand Prix Junior, o forse la nuovissima coppia formata dalla grande Wenjing Sui, olimpionica a Pechino, due volte campionessa del mondo e sei volte campionessa dei Four Continents in coppia con Cong Han, e dal suo nuovo partner ovvero lo scarsamente conosciuto Zeen Li, quarto lo scorso anno ai campionati cinesi con la sua vecchia partner Youmei Sun.
Il titolo ha preso quest’anno la strada di Mosca e in particolar modo della scuola di Nina Mozer, tornata ad allenare dopo un lungo periodo di sosta. L’allenatrice dei famosi Volosozhar/Trankov, campioni olimpici 2014, ha portato al successo la coppia formata da Yekaterina Geynish e Dmitryi Chigiryov, binomio che solo da quest’anno rappresenta l’Uzbekistan: nettamente primi dopo lo short program, nel libero hanno commesso alcuni errori, risultando solo secondi, alle spalle di una coppia di nuova formazione, quella nordcoreana formata dalla rediviva Tae-Ok Ryom e dal suo coetaneo Kum-Chol Han, alla fine medaglia d’argento.
I due pattinatori, entrambi ventiseienni, hanno formato la loro partnership solo la scorsa stagione e l’hanno perfezionata in quel di Novogorsk in Russia, sotto la guida dei migliori tecnici russi. Quello della Ryom è un gradito ritorno, dopo che insieme al precedente partner Ju-Sik Kim era stata bronzo ai Four Continents 2018 e nell’edizione degli Asian Games 2017, concludendo al tredicesimo posto ai Giochi Olimpici di PyeongChang 2018. Il bronzo è invece andato ai giapponesi Yuna Nagaoka/Sumitada Moriguchi, che hanno respinto le velleità dei filippini Gamez/Korovin.
Nella foto Chaeyeon Kim (KOR)
