In una Boston ancora sotto shock per il tragico incidente aereo di gennaio in cui sono morti numerosi membri del locale Boston Skating Club, la TD Garden, arena da 18000 posti che è tradizionale sede delle partite di basket interne dei famosissimi Boston Celtics, ha ospitato per la seconda volta nella storia i Campionati del Mondo di pattinaggio su ghiaccio. La prima volta fu nel 2016, in un’edizione in cui ebbero modo di emergere talenti come quello della russa Yevgeniya Medvedeva o di confermarsi campioni pattinatori del calibro di Javier Fernandez, Gabriella Papadakis e Guillaume Cizeron.

L’edizione del 2025, andata in scena con grande successo di pubblico e di audience televisiva, ha rivestito un ruolo molto importante, poiché è risultata qualificativa alle prossime Olimpiadi di Milano-Cortina. In tal senso tangibile è apparso il grande nervosismo che ha accompagnato le competizioni, non solo dal lato degli atleti e dei coach, ma anche degli addetti ai lavori e dei giudici, il cui desiderio di presenza in sede olimpica era strettamente legato al risultato dei pattinatori loro connazionali.

Nella foto Hase/Volodin (GER), Miura/Kihara (JPN) e Conti/Macii (ITA)

Foto di Raniero Corbelletti

È così che le gare non hanno mancato di riservare sorprese, a partire dalla competizione delle coppie di artistico, dove i campioni mondiali in carica, i canadesi Stellato/Deschamps, hanno dovuto accontentarsi di un per loro modesto quinto posto. In una competizione in cui la valutazione dei giudici è parsa in taluni casi “schizofrenica”, con stessi elementi tecnici valutati con disinvoltura in un range dal +2 al -2 e con components facilmente oscillanti anche in termini di due punti, sono emersi vincitori i giapponesi Riku Miura/Ryuichi Kihara, ma soprattutto sono tornati su un podio che fu già loro nel 2023, i nostri splendidi Sara Conti e Niccolò Macii.

Nella foto Sara Conti/Niccolò Macii (ITA)

Foto di Raniero Corbelletti

Gli allievi in quel di Bergamo di Barbara Luoni hanno portato a termine un’ ottima gara, impressionando soprattutto nel loro short program, orchestrato sulla “Carmen Suite” di Shchedrin, chiaramente ispirata alle musiche di Georges Bizet. Sara e Niccolò avrebbero probabilmente meritato la prima posizione, avendo presentato un programma pressochè perfetto, con un’unica recriminazione per la difficile spirale della morte esterno-indietro, giudicata di livello due. Nel libero, proposto sul tema del brano “Papa Can You Hear Me?”, che Barbra Streisand propose all’interno del film da lei diretto “Yentl”, i nostri atleti hanno dato davvero tutto e hanno difeso il loro posto sul podio, meritandosi una splendida medaglia di bronzo. A fronte di due sbavature evidenti, quella di Niccolò in arrivo del secondo doppio axel, posto in sequenza dopo un triplo toeloop e un primo doppio axel, e quella di Sara sull’arrivo del triplo salchow lanciato, concluso con il tocco delle due mani sul ghiaccio, il resto del programma è stato da loro pattinato ad alto livello, così che gli altri pretendenti al podio non hanno avuto chances. Grandi complimenti dunque ai due nostri ragazzi, alla citata allenatrice Luoni e alla loro storica coreografa Raffaella Cazzaniga, che con un lavoro intenso e mirato hanno saputo dare lustro al pattinaggio italiano.

Nella foto Riku Miura/Ryuichi Kihara (JPN)

Foto di Raniero Corbelletti

Il successo, come detto, è andato ai giapponesi Miura/Kihara, al secondo titolo iridato dopo quello del 2023 e dopo i due argenti del ’22 e del ’24. La vittoria dei due allievi di Bruno Marcotte ad Oakville, in Canada, si è concretizzata per soli settantuno centesimi di punto e nel complesso, a molti, non è sembrata limpida, frutto anche di una sopravvalutazione da parte dei giudici, costata cara ai tedeschi Hase/Volodin, campioni europei e vincitori del Grand Prix in quel di Grenoble, apparsi nel corso delle due giornate di gara in gran forma. I nipponici hanno sì dalla loro una grande velocità di base e una indubbia abilità nell’esecuzione dei sollevamenti, ma a parte le croniche incertezze di Riku nell’arrivo dei salti, in questa strana epoca del pattinaggio, che risulta priva dei russi, maestri in questa disciplina, colpiscono alcune loro fragilità tecniche non sanzionate, come per esempio la scarsa qualità nell’esecuzione del triplo twist e la troppa distanza che separa i due nell’esecuzione dei lori salti. Nel corto, pattinato sulle note del famoso brano dei Rolling Stones “Paint It Black”, la Miura sottoruotava con evidenza il suo triplo toeloop, ma in ragione della positività degli altri elementi la coppia si installava in prima posizione, con due punti di vantaggio sulla nostra coppia e tre sui citati tedeschi. Nel libero, sul ritmo di un tango, dopo un triplo twist completato da Riku con il busto piegato in avanti sulla spalla sinistra del partner, la giapponese atterrava su due piedi il triplo toeloop iniziale e il doppio axel finale di una sequenza con un primo doppio axel ad intervallare i salti citati. Stessa sorte avevano i due lanciati, il loop e il flip, ma ciònonostante la coppia otteneva comunque un alto punteggio, utile a guadagnare la medaglia d’oro.

Nella foto Minerva Hase/Nikita Volodin (GER)

Foto di Raniero Corbelletti

Se il titolo fosse andato a Minerva Hase e Nikita Volodin, nessuno avrebbe gridato allo scandalo, poiché tale risultato sarebbe stato il giusto riconoscimento per una gara da loro condotta ai massimi livelli. Nel corto, proposto sulle note del brano della cantautrice canadese Tami Neilson “You Were Mine”, la coppia di stanza in Russia, dove è allenata da Dmitry Savin, completava un programma privo di errori, con una sola lieve incertezza palesata da Nikita sull’arrivo del triplo salchow in parallelo. Nel libero, sulle note di Vivaldi, i tedeschi eseguivano al meglio il triplo twist, la sequenza in parallelo triplo toeloop-doppio axel-doppio axel, il triplo salchhow in parallelo e i due tripli lanciati, il loop e il salchow, vincendo con merito il segmento di gara e giungendo ad insidiare il titolo dei giapponesi.

Fuori dal podio si collocavano i due volte campioni del mondo juniores Anastasiya Metelkina/Luka Berulava, reduci anche dal bronzo agli Europei di Tallinn. La coppia georgiana completava al meglio lo short program, eseguendo in modo corretto la loro originale spirale della morte, elemento che agli Europei fu giudicato addirittura no-level, così da allontanarli da un podio, poi faticosamente riagguantato con un bellissimo libero finale. A Boston, i due allievi di Slyusarenko hanno difeso il quarto posto maturato nella prima parte di gara, nonostante varie imprecisioni sull’arrivo dei loro salti, sia in parallelo che lanciati: i due giovani russi portacolori della naziona caucasica, in ragione delle origini paterne di Luka, hanno così guadagnato punti preziosissimi, che hanno consentito alla Georgia di qualificarsi per il prossimo World Team Trophy.

Solo quinti, come detto, sono risultati i campioni in carica canadesi Stellato/Deschamps, settimi a metà gara, a causa di un pessimo twist, di un triplo loop lanciato atterrato da Deanna con uno step-out, e da una trottola in parallelo male eseguita da Maxime. Nel libero, la coppia nordamericana pagava a caro prezzo l’errore di Deanna nell’esecuzione del triplo toeloop della sequenza, a causa del quale non riusciva ad eseguire il previsto doppio axel che, del tutto privo di elevazione e dunque ridotto ad un semplice spostamento sul ghiaccio, interrompeva la sequenza, rendendo inutile l’esecuzione del suo doppio axel finale: l’appoggio delle due mani sull’arrivo del triplo loop metteva definitivamente il sigillo ad un campionato sfortunato, non certo all’altezza della loro fama.

Nella foto Rebecca Ghilardi/Filippo Ambrosini (ITA)

Foto di Raniero Corbelletti

Motivo di rammarico è stato il tredicesimo posto di Rebecca Ghilardi e Filippo Ambrosini, a causa del quale l’Italia potrà schierare solo due coppie in sede olimpica: quattordicesimi in un corto caratterizzato in senso negativo da un triplo twist impreciso e soprattutto da una caduta di Filippo nel doppio axel in parallelo, la coppia di stanza a Bergamo ha saputo recuperare una posizione nonostante gli errori evidenziatisi soprattutto negli elementi di salto, a fronte di sollevamenti eccellenti e di una coregografia, quella sulla colonna sonora di “Dracula”, sempre molto accattivante.

Nella foto Hase/Volodin (GER), Miura/Kihara (JPN) e Conti/Macii (ITA)

Foto di Raniero Corbelletti